SULLA RETE OSPEDALIERA, L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL COLLEGIO AL CONSIGLIO COMUNALE DI CARBONIA
Prot. 459 del 18 Settembre 2017
Al Sindaco di Carbonia, d.ssa Paola Massidda
Oggetto: Consiglio comunale aperto sul riordino della Rete Ospedaliera
Gentile Sindaco di Carbonia,
ringraziandola per l’invito a partecipare al Consiglio odierno, al di la di condividere una elencazione tecnica di servizi da non chiudere/mantenere o unità operative da aprire/acquisire nel territorio della ASSL Carbonia quindi nel Sulcis Iglesiente quindi nella ex provincia di Carbonia Iglesias, vogliamo oggi richiamare l’attenzione sul ricorrente errore commesso soprattutto da attori istituzionali e forze sociali e sindacali: aver focalizzato moltissime delle diverse analisi sulla rete ospedaliera prima e sull’atto aziendale poi, più in riferimento ai desiderata e al mantenimento dello status quo tra i presidi ospedalieri di Iglesias e Carbonia piuttosto che concentrarsi e dibattere sul rischio nemmeno tanto improbabile che questo rimpallo di ostentazioni faccia della nostra sanità non una espressione centrale per tutti i 23 comuni, 127 mila abitanti, 54 mila famiglie sui quali ricade, ma un contenitore marginale nella rete ospedaliera sarda e satellite dell’area metropolitana cagliaritana.
E’ il caso del punto nascita. A Carbonia? A Iglesias? Oppure nè a Carbonia e nè a Iglesias?
Così continuando con questo stucchevole dibattito, il numero di 500 parti all’anno non sarà possibile di essere mantenuto dove individuato, e la conseguenza è che tra i due iniziali punti nascita, il territorio non riesca a mantenerne nemmeno uno.
Il diritto della partoriente non è di far nascere a Carbonia o Iglesias, ma di partorire in sicurezza, con ginecologi ostetriche infermiere e infermiere pediatriche preparate, in numero sufficiente, h. 24, con sale operatorie funzionali e anestesisti reperibili, potendo contare su altre specialità in appoggio, dal trasfusionale ai trasporti primari.
L’altra faccia della medaglia del battagliare più tra campanili e per campanilismi, potrebbe essere il preteso/auspicato mantenimento di servizi duplicati nell’arco di 25 chilometri, quasi si trattasse di prestazioni da garantire nei livelli essenziali di assistenza delle due cittadine, nonostante il ridottissimo volume di attività: n. 2 Chirurgie Generali e n. 2 Ortopedie e Traumatologie.
Trasformare gli ospedali e le unità operative a ridotto volume di attività al fine di evitare l’aumento delle iniquità e concentrarsi nel territorio destinando risorse a prestazioni e servizi a maggiore valore aggiunto e a cittadini che hanno necessità e bisogno, non può non essere preso in considerazione.
La salute anche nel Sulcis-Iglesiente rischia di divenire disuguale non perché il sistema sanitario regionale stenta ad organizzarsi in modo omogeneo, ma anche perchè i cittadini hanno un accesso meno facile alle prestazioni, sia in termini di tempestività sia per la prossimità ai servizi. Le differenze geografiche esistono anche all’interno della nostra ASSL e gli esiti delle cure possono essere molto diversi da ospedali ad ospedali.
A fronte del rischio di vedere privato il Sulcis Iglesiente di posti letto, di professionisti, di specialità, quindi di opportunità, ci si è concentrati sull’asse Iglesias-Carbonia piuttosto che ATS-ASSL.
E’ questo che vogliamo o possiamo convergere su un sistema solidale e universalistico dove i cittadini di S. Anna Arresi abbiano ben presente quale dove e come fruire di una prestazione esattamente come i cittadini di Buggerru?
Riprendendo il passaggio in cui soprattutto istituzioni locali, in chiave evidentemente elettorale amministrativa, si sono dedicate sul presunto scippo del Cto a vantaggio del Sirai, o dei presunti vantaggi del Sirai ai danni del Santa Barbara, si potrebbe registrare l’aggravante di indurre pur indirettamente i cittadini ad ambire di potersi fregiare del titolo di risiedere in un comune dove lo stabilimento ospedaliero sia denominato ad esempio DEA I Livello piuttosto che Stabilimento a Completamento DEA: di bei contenitori vuoti è pieno il territorio.
I cittadini infatti, più che alle insegne dei presidi ospedalieri guardano e hanno diritto:
- alla sostanza delle cose quindi diagnosi cura assistenza prestazioni
- di avere assicurati i Lea
- di vedere ridotti i costi di gestione del sistema salute
- di veder trattata una patologia
- di non essere dimessi con lesioni da decubito
- di non contrarre infezioni ospedaliere
- di non subire esiti da cadute dal letto
- di consumare un pasto decente
- di poter fruire di ausili
- di essere accolto al ricovero e accompagnato alla dimissione
- di non attendere mesi per una consulenza
- di non essere inseriti in interminabili liste d’attesa
- di ricevere una risposta ad un tentativo di chiamata telefonica
- di ricevere un sorriso ed una manovra d’urgenza con lo stesso impegno
- di intravedere l’umanizzazione delle cure e non la loro informatizzazione
- di potersi avvalere di professionisti valorizzati, motivati e in condizione di ben agire
- di non essere considerati codici, n. di posto letto, drg.
Il Sirai sarà, infatti, sempre il Civile di Carbonia. Il Santa Barbara sarà sempre il Civile di Iglesias. Il CTO rimarrà il CTO. A prescindere dalle etichette e dalle insegne, più funzionali agli addetti ai lavori che alle comunità per quanto sopra esposto.
Un altro aspetto poco approcciato per l’impopolarità del tema è in confrontarsi sul latente rischio di inappropriatezza dei ricoveri stessi e delle conseguenti prestazioni in regime di ricovero ordinario. Infarcire reparti/servizi unità operative/ dipartimenti/ strutture complesse/ strutture semplici di degenze improprie incide negativamente sul tempo da dedicare agli utenti da parte dei professionisti sanitari e degli infermieri in particolare, per quanto ci riguarda.
Professionisti ai quali sono indirettamente assegnati, inoltre, carichi di lavoro demansionanti e dequalificanti che necessitano di essere governati anche con una dotazione organica meglio correlata ed adeguata alla metodologia e agli standard di cui all’allegato n. 2 delibera 38/12 del 28/7/2015.
E’ necessario che venga rivisto il blocco del turnover, in riferimento alla dotazione organica soprattutto h. 24, che risentendo di tutta una serie di dinamiche (part time, gravidanze, maternità, congedi, limitazioni, malattie professionali, cause di servizio) incide sulla turnistica e conseguentemente sull’esito delle buone intenzioni, del benessere organizzativo, delle gratificazioni professionali, delle aspettative dei cittadini, sugli esiti delle cure in senso lato.
Abbiamo sempre cercato, non senza fatica, di essere in sintonia con la necessità di superare definitivamente visioni settoriali e particolaristiche dell’organizzazione sanitaria nel nostro territorio, allargando gli orizzonti, abbracciando una logica basata su prove di efficacia e sostenibilità clinico organizzativa.
L’approccio che segue una logica di Governo Clinico non è mai, infatti, una prerogativa individuale o di alcuni gruppi di interesse, o professionali, o di segmenti del management ma deve essere una logica sistemica che abbraccia tutti gli attori della domanda e della risposta ai bisogni di salute nonchè di tutta l’organizzazione.
Procedere alla razionalizzazione sia dei posti letto nelle UU.OO. per acuti che alla effettiva attivazione della lungodegenza e della riabilitazione intensiva, è davvero una chimera? E se consideriamo l’esigenza di riportare l’offerta entro gli standard previsti dal Patto per la Salute, stiamo perseguendo un danno o un vantaggio per le ns. comunità? Anche queste erano domande da porre nel dibattito.
Il tempo delle “attese” volge al termine: una sana riorganizzazione della rete ed integrazione ospedaliera in ASSL Carbonia/ATS Sardegna non può prescindere da una contemporanea ridefinizione dei percorsi ospedale-territorio secondo i criteri di complessità clinica, disabilità e multi morbilità, considerata la conformazione geopolitica del Sulcis Iglesiente e le evidenze cliniche e scientifiche in rapporto al n. di abitanti.
Nel lungo periodo, una verifica complessiva con un nuove audizioni delle parti sociali ed istituzionali chiamate oggi a fornire un contributo critico, chiarificatore, migliorativo di tutto l’impianto concettuale e politico, è non solo auspicabile ma doveroso perché la responsabilità della buona riuscita dell’immane lavoro che ci attende è di tutti, dal singolo cittadino al medico di famiglia, dagli apicali della politica ai vertici del management. Delle istituzioni centrali e del territorio, dal Sindaco di Fluminimaggiore come dal Sindaco di Carbonia.
Dal presidente del Collegio Ipasvi come dell’infermiere del triage che in questo momento sta valutando il bisogno di cura degli utenti dei Pronto Soccorso sia al Sirai di Carbonia che al CTO di Iglesias.
Nessuno può chiamarsi fuori.
Graziano Lebiu, IPASVI CarboniaIglesias