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SUL CODICE DI DEONTOLOGIA INFERMIERISTICA

SUL CODICE DI DEONTOLOGIA INFERMIERISTICA

SUL CODICE DI DEONTOLOGIA INFERMIERISTICA

di Brunella Porcu, Debora Conti Gallenti, Giorgia Cannas, Margherita Porcu, Graziano Lebiu

Premessa

Con l’evidenza che dal 2009 ad oggi  per i cittadini e gli infermieri sono mutati i contesti socio sanitari complessivi con conseguenti nuove esigenze assistenziali, vedasi anche comma 566/2014, e altrettanto nuovi riscontri ai bisogni di salute, abbiamo già nel 2015 inteso di avviare un confronto interpares a livello nazionale promuovendo proposte ed interrogativi piuttosto che dare soluzioni e/o certezze rispetto alle nuove aspettative nell’esercizio professionale ai tempi di una sanità pubblica privata e libero professionale in continua muta formale e sostanziale.

Per la rivisitazione del CDI 2017, riteniamo in premessa ed in estrema sintesi che anch’esso debba svilupparsi ed articolarsi:

  1. con ideali e approcci contemporanei, sia in materia di multiculturalità che di comunicazione;
  2. in posizione neutra sia rispetto al progetto di vita* degli assistiti che ai valori costituzionali;
  3. recependo le risultanze anche delle indagini Istat ed Eurispes nel merito dei convincimenti dei cittadini sul fine vita, sull’eutanasia, sul testamento biologico, sulla fecondazione assistita, sulla donazione organi, sull’accanimento terapeutico;
  4. tenendo in debita considerazione alcuni nuovi scenari rispetto al 2009 stesso quali dimensione multiculturale, conflitti e migrazioni, violenza sulle donne, sessualità/gender, sperimentazione e ricerca.

Il mandato proposto all’Albo dal Collegio IPASVI Carbonia Iglesias tra il 2014 e il 2015 e declinato dal gruppo di lavoro costituito tra direttivo e neolaureate, per poi essere ulteriormente sviluppato e fatto nostro dopo la presentazione della bozza di revisione del CDI nel novembre 2016 dalla FNC Ipasvi, parte dall’assunto che, oltre agli standard e agli indirizzi di comportamento, debba dare risposte e suggestioni ai dilemmi, ai dubbi, ai contesti che si affrontano nel quotidiano.

Infatti, quando avanzano nuove istanze morali, (ad esempio come gestire i social network) il Codice di Deontologia Infermieristica va certamente aggiornato, ed è il meglio dell’etica speciale (deontologia professionale) che può fornire il criterio per farlo.

* Progetto di vita. Nell’art.  3/2016 si fa riferimento al ‘rispetto delle scelte di vita’ (diversamente dai codici canadese e inglese del 2008). Vita e salute non avrebbero valore oggettivo e quindi il loro significato acquista un senso all’interno di un orizzonte dei valori di ogni singolo individuo.

A volte le nuove conquiste morali della comunità infermieristica vengono recepite prima dal diritto, e questo può essere un altro motivo che sollecita l’aggiornamento affinchè anche gli infermieri (analogamente agli altri professionisti) possano guardare il futuro e cercare di immaginare quali saranno gli sviluppi della professione, assumendo un atteggiamento analogo a quello del genitore attento che si preoccupa di intercettare le esigenze dei figli in crescita.

Chi elabora e chi è chiamato a deliberare sul nuovo CDI deve individuare norme che:

  • favoriscano la coesione interna del gruppo e la professionalità
  • aumentino la stima della società per la professione stessa

Ci siamo quindi attentamente riservati di valutare anche il lavoro proposto dalla FNC Ipasvi per il tramite del gruppo di lavoro dedicato. Oggi condividiamo con la FNC IPASVI la seguente sintesi

Cosa è per noi CarboniaIglesias il Codice di Dentologia Infermieristica? Lo intendiamo come lo strumento operativo principe per tracciare una linea di pensiero e d’azione integrando la biblioteca di ogni infermiere. Per aiutarci a remare tutti nella direzione nel recupero di orgoglio professionale, senso di appartenenza, decoro e dignità, rispetto e previsione dei diritti dei cittadini, non potrà non essere:

  1. intuitivo
  2. armonioso
  3. scorrevole nella lettura
  4. snello e asciutto nella stesura
  5. concreto
  6. realistico
  7. universale
  8. percepibile nei contenuti
  9. compendiato di elementi, documenti di riferimento e pronunciamenti, tabelle comparative, casistiche

Non possiamo trascurare che la necessità di una revisione del CDI si debba muovere con una matrice ed azione istituzionale ed uno sviluppo lessicale non autodifensiva o conservativa di una posizione di rendita.

Lo intendiamo come un punto di partenza per una maggiore consapevolezza dei principi e dei valori che le professioni infermieristiche intendono spendere nei confronti della difesa dei diritti del cittadino ai quali il Codice si rivolge, e dei quali diritti spesso non si accenna.

La parola chiave del Codice in aggiornamento passerebbe da “Caring”, prendersi cura, ad “Advocacy”, tutela e supporto dei/nei diritti, con tutto quello che ne consegue quanto ad assunzione di nuove responsabilità, anche per la necessità di agire nel recupero e/o nel raggiungimento di una adeguata percezione da parte del cittadino e dei media della ns. identità e delle ns. prese di posizione nei confronti della salute.

Per quanto esposto, riteniamo necessaria una revisione formale e sostanziale del CDI che non si concretizzi con un appesantimento dell’esistente ma, piuttosto, con una sua netta sfrondatura, ad iniziare dal superamento definitivo del richiamo di cui all’art. 1 del Codice 2009 “L’infermiere è il professionista sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica”.

Essa è infatti una evidenza talmente radicata che sottolinearla sine die rischia di renderla foriera di dubbi che, sul punto, non possono esserci e neppure consentiti. Chi ha dei dubbi sulla ns. responsabilità cambi professione, e se i dubbi li nutre il cittadino, è con la pratica e la tecnica quotidiana che riusciremo ad incidere sulle sue convinzioni piuttosto che con incipit ai quali non seguono buoni esempi, e le cronache sui media, i social network e i giornali di disinformazione infermieristica diretti da edicolanti, i tuttologi e i decani praticanti forensi ne sono la prova provata.

Sulla revisione formale, il testo andrebbe reso più essenziale, per favorire la sua lettura con articoli brevi e non ripetitivi nei concetti, e successivamente anche corredato di immagini e video rispetto al contesto che si intende interpretare e proporre, e ciò sarebbe di grande impatto comunicativo.

Sulla stesura, proponiamo che nel CDI vengano accorpate tematiche, distinti i capitoli, anticipato da una premessa e completato con conclusioni.

Sui contenuti,  gli elementi e i documenti di riferimento dovranno essere distribuiti con equilibrio tra standard e diritti, contesti assistenziali e gestione dei procedimenti.

Un necessario richiamo agli allegati: patto cittadino infermiere, carta dei diritti dell’uomo, dell’adulto, dei bambini e dei migranti, codice deontologico ICN, tabella dei valori e dei principi etici della professione, pronunciamenti.

Ed in ottica europea, confrontarci sui Codici deontologici francese, inglese ed irlandese, può aiutarci ad apprezzare meglio il nostro, finanche a migliorarlo ulteriormente.

Nel merito

La proposta di revisione del CDI pare intenda tradursi in un nuova concezione intellettuale e valoriale.

La Deontologia  è la dottrina dei doveri relativi ad una categoria di persone, lavoratori, associati, alla quale gli aderenti devono uniformare il loro comportamento professionale.

Deontologico è tutto ciò che concerne alla deontologia. E da ciò ne consegue che una forte rottura con il passato è possibile anche con una revisione della denominazione, che proponiamo essere Codice di Deontologia Infermieristica.

 

E’ la deontologia che stabilisce regole per il comportamento degli iscritti all’Ordine Infermieristico.

Ed è deontologico il conseguente comportamento improntato alla correttezza, serietà e professionalità sia nei confronti dei propri assistiti che degli altri iscritti.

E’ il mancato rispetto delle regole e degli principi e precetti della Deontologia che può, a seguito della segnalazione di qualunque interessato, fare aprire un procedimento disciplinare nei confronti dell’iscritto che si sia comportato in modo non conforme e quindi non deontologico.

Alla revisione del testo vigente, deve inoltre conseguire il rinnovamento-adeguamento del Patto Cittadino Infermiere del 1996, di cui alla premessa del CDI 1999. Da notare che nel 2009 il Patto Cittadino Infermiere non entra in alcun dibattito.

La lettura di tutto o di articoli del CDI vigente in funzione anche di una sua revisione formale e sostanziale, è di per sè un esercizio complesso soprattutto se rapportato all’avviato e sempre attuale e perfettibile dibattito sull’autonomia e responsabilità professionale interno alla categoria dai più disparati punti di vista in tutti gli ambiti, contesti e ruoli nei quali, per esempio, gli infermieri e le infermiere pediatriche sono operativi, nel pubblico nel privato e nella libera professione.

Una uniformità di interpretazione e attuazione è quindi pressoché impossibile, e ci limiteremo conseguente a proporre un contributo senza ambizioni diverse da quelle di condividere la sintesi alla quale siamo giunti.

Confrontarsi sia sulla struttura (forma) che sui contenuti (sostanza) del CDI è comunque presupposto sempre necessario per renderlo uno strumento operativo effettivo, a condizione di non confinarlo ad una elencazione di concetti e comportamenti fini a se stessi, non condivisi, non condivisibili, incompresi. Il ns. intendimento è invece quello di farne il punto di riferimento principale per e nell’esercizio professionale.

Riflettendo sui diversi livelli di responsabilità e rappresentanza professionale (nazionale, territoriale, aziendale) e sui ruoli distinti di ognuno di questi ambiti e al combinato disposto dalla legislazione in materia, dai Contratti Collettivi in sanità pubblica e privata, dai Contratti Integrativi e dai Profili Infermieristici, arriviamo al convincimento che il CDI può concretamente orientare il ns. agire e pensare professionale.

La sintesi ci porta a proporvi quindi le seguenti considerazioni:

  1. Siamo in grado di esprimere una partecipazione critica e costruttiva alle finalità del CDI?

 

  1. Le problematiche connesse all’espletamento dei servizi sanitari con un ruolo centrale della funzione infermieristica in pressoché tutti gli ambiti assistenziali, possono avvalersi delle indicazioni, meglio governate e superate per mezzo di una serie di comportamenti codificati ai quali attenersi?

3. La tutela del decoro e della professionalità degli infermieri è una peculiarietà dell’ordine professionale?

 

  1. Perché si sostiene che gli infermieri ”non siano in grado” di proporre soluzioni costruttive per migliorare se stessi nello specifico e nelle risposte del SSN nel suo complesso, soprattutto in riferimento all’avversato art. 49 ad esempio?

 

  1. Possono essere monitorate le attività dei Collegi che non siano in grado di intervenire prontamente o non abbiano interesse ad agire a tutela della professione che dovrebbero rappresentare in ogni ambito e contesto? Chi controlla chi? Cosa controlla come?

 

Sul Codice Deontologico Infermieristico

Una analisi sulla forma della stesura dell’attuale CDI, ci porta ad intuire che la “scomposizione” di alcuni contesti prima ben rappresentati non muta la sostanza dei comportamenti da osservare. Questo non rende però agevole districarsi tra gli articoli che lo compongono, e allora suggeriamo il ritorno delle sottotitolazioni che forniscono al contempo chiarezza e identico strumento alle istituzioni, ai cittadini, agli utenti e ai professionisti sul comprendere il senso del voler essere infermieri nel III millennio.

La macroevidenza che tra il CDI 1999 e il CDI 2009 è abolita la titolazione degli ambiti di comportamento codificati deve essere superata con la re-introduzione di “Premessa”, “Principi etici della professione”, “Norme generali e particolari”, “Rapporti con la persona assistita”, “Rapporti professionali con colleghi e altri operatori”, “Rapporti con le istituzioni pubbliche e le entità private e sociali, “Disposizioni finali”, “Disapplicazioni“, “Allegati”. Consta di 52 articoli.

Nella bozza attuale è dato di cogliere l’intendimento di prevedere “Principi e valori”, “La funzione assistenziale”, “La relazione e la comunicazione”, “Il fine vita”, “L’organizzazione”, “L’infermiere e il Collegio Professionale”, “Disposizioni finali”. Consta di 40 articoli.

L’attuale CDI è composto di 52 articoli compresi dal Capo I al Capo VI, che non sostituiscono in toto gli articoli del precedente. Una prima lettura del CDI conferma che i Capi dal I al VI sono integrati e modificati da articoli prima previsti per altri raggruppamenti. Se una ricollocazione formale rispetto alla previsione di alcuni comportamenti sostanziali si è resa necessaria, poteva essere meglio esplicitata se non altro in un documento che integrasse il CDI. Probabilmente la finalità di tale decisione e stesura sia quella di indurre ogni infermiere ad entrare meglio e più autonomamente nel dettaglio di ogni singolo articolo per poi arrivare ad una sintesi complessiva secondo la propria esperienza, competenza e cultura.

Complessivamente il CDI 2009 non definiva originali nuovi principi guida rispetto al precedente, ma certamente, ad esempio, parlare di bisogni piuttosto che di problemi (raffronto tra l’ art. 3.2 CDI 1999 e l’art. 14 del CDI 2009) consegnava un approccio diverso e centrato sulla persona. Una cosa infatti è far fronte ad una “occorrenza” che può anche essere letta e vissuta positivamente, altro aspetto è invece focalizzarsi su “problemi” con valenza negativa che in quanto tali spesso non sono espressi o non si riesce a coglierli e individuarli.

Esempio:

1999: Norme generali art. 3 punto 2 L’infermiere riconosce che l’integrazione è la migliore possibilità per far fronte ai problemi dell’assistito
2009: Capo III° art. 14 L’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l’integrazione interprofessionale sono modalità fondamentali per far fronte ai bisogni dell’assistito.

 

2016: Capo II° La Funzione Assistenziale art. 13 L’infermiere riconosce che l’interazione e l’integrazione intra e interprofessionale sono fondamentali per far fronte alle richieste della persona

 

Passiamo da PROBLEMI del 1999 a BISOGNI del 2009 a RICHIESTE del 2016.                         

Passiamo da ASSISTITO 1999 e 2009 a PERSONA 2016.

Le integrazione delle tematiche relative alla palliazione (Articoli  6 e 35) sono opportune e in linea con il profilo professionale e gli attuali orientamenti clinici e assistenziali (leggasi il n. 1/2009 dell’Infermiere con approfondimenti sulle cure palliative), ma possono essere apportati significativi miglioramenti.

Rilevante è stata l’anticipazione del dibattito politico tutt’ora in corso con la previsione del Capo IV art. 36/2009

L’infermiere tutela la volontà dell’assistito di porre dei limiti agli interventi che non siano proporzionati alla sua condizione clinica e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità di vita”

Il precedente art. 4.15 non lo contemplava, limitandosi a

“tutela il diritto a porre dei limiti ad eccessi diagnostici e terapeutici non coerenti con la concezione di qualità della vita dell’assistito.”

 

 

Nella stesura del 2016, Capo IV IL FINE VITA art. 27

L’infermiere tutela la volontà della persona assistita di porre dei limiti agli interventi che ritiene non siano proporzionati alla sua condizione clinica o coerenti con la concezione di qualità della vita espressa dalla persona stessa”

 

La forza dell’art. 36 è la autonomia dell’infermiere di poter apprendere da un assistito con il quale è posta in essere una significativa relazione d’aiuto, di una sua espressione di pensiero e volontà su tematiche etiche e bioetiche che interessano tanto la persona quanto il contesto sociale, politico e professionale contemporaneo. E da tale volontà attivarsi per renderla documentale.

 

Nessun accenno è dato di rilevare invece rispetto al diritto dell’infermiere di agire oltre che nell’interesse primario degli assistiti”, a tutela della sua sicurezza e salute a fronte delle spesso critiche condizioni di organizzazione del lavoro e della struttura degli ambienti di lavoro.

 

L’art. 49 del 2009 “L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale” nulla innovava, in concreto, rispetto all’ 6.2. del 1999 L’infermiere compensa le carenze della struttura attraverso un comportamento ispirato alla cooperazione, nell’interesse dei cittadini e dell’istituzione. L’infermiere ha il dovere di opporsi alla compensazione quando vengano a mancare i caratteri della eccezionalità o venga pregiudicato il suo prioritario mandato professionale.”

Scompare del tutto nella nuova stesura, forse sostituito dal Capo V art. 29

“l’infermiere ai diversi livelli di responsabilità assistenziale, gestionale e formativa, partecipa e contribuisce alle scelte dell’organizzazione, alla definizione dei modelli assistenziali, formativi e organizzativi, all’equa allocazione delle risorse e alla valorizzazione della funzione infermieristica e del ruolo professionale”.

 

In questa elaborazione, rileviamo che formativa-formativi, organizzazione-organizzativi, assistenziale-assistenziali stridono con la fluidità del testo.

 

Si potrebbe prevedere: “l’infermiere ai diversi livelli e scelte di responsabilità assistenziale, gestionale e formativa, partecipa e contribuisce all’organizzazione, alla definizione dei all’equa allocazione delle risorse e alla valorizzazione della funzione infermieristica e del ruolo professionale”?

 

Alla base del comportamento che il CDI cerca di ispirare, suggerire e codificare vi deve sempre essere una autostima, una consapevolezza e una continua esigenza di lanciare nuove sfide culturali innanzitutto a se stessi.

 

Senza questa consapevolezza, che l’infermiere possa opporsi o rifiutarsi resta un esercizio filologico, mentre nel concreto e nel futuro il comportamento da assumere a tutela della dignità personale e del mandato professionale resta identico.

 

Un esempio di come il Codice attuale poteva essere snellito, era dato dagli articoli 14-23-41-45

Articolo 14

L’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l’integrazione interprofessionale sono modalità fondamentali per far fronte ai bisogni dell’assistito.

 

Articolo 23

L’infermiere riconosce il valore dell’informazione integrata multiprofessionale e si adopera affinché l’assistito disponga di tutte le informazioni necessarie ai suoi bisogni di vita.

Articolo 41

L’infermiere collabora con i colleghi e gli altri operatori di cui riconosce e valorizza lo specifico apporto all’interno dell’équipe.

Articolo 45

L’infermiere agisce con lealtà nei confronti dei colleghi e degli altri operatori.

Di quattro articoli, se ne poteva proporre uno solo:

“Agendo con lealtà e valorizzando il ruolo di colleghi, altri operatori ed èquipe, l’infermiere riconosce l’interazione, l’integrazione e l’informazione interprofessionale quali modalità fondamentali per far fronte ai bisogni dell’assistito e al suo prendersi cura”

mentre nel 2016: Capo II° La Funzione Assistenziale art. 13: L’infermiere riconosce che l’interazione e l’integrazione intra e interprofessionale sono fondamentali per far fronte alle richieste della persona

 

Altri piccoli esempi su aspetti del Codice 2009 sui quali si poteva intervenire.

Nell’art. 7  il principio di autonomia è messo alla fine e correlato a disabilità, svantaggio, fragilità [ era meglio CDI 1999, art 2.6: Nell’agire professionale l’infermiere si impegna a non nuocere, orienta la sua azione all’autonomia e al bene dell’assistito, di cui attiva le risorse anche quando questi si trova in condizioni di disabilità o svantaggio]

Nell’art. 8  è prevista la ‘clausola di coscienza’ , ‘facendosi garante delle prestazioni necessarie per l’incolumità e la vita dell’assistito’  [Codice Canadese : l’infermiere che obietta presta cure sicure, compassionevoli, competenti e conformi all’etica, fino a quando delle disposizioni di sostituzione non saranno prese per rispondere ai bisogni e ai desideri della persona che riceve le cure]

Nell’art. 40  ‘donazione di sangue, tessuti e organi’ (contrasto con convinzioni/valori di origine religiosa).

Altri brevi aspetti della bozza Codice 2016

Capo I – Principi e Valori art. 1 e art 2. Si accenna all’ideale di servizio. Possono essere accorpati.

L’art. 9 richiama quasi integralmente il precedente art. 11/2009. Si differenzia solo nell’ultimo comma: Progetta, attiva  e partecipa ad attività di formazione”, che in origine era: “Promuove, attiva e partecipa alla ricerca e cura la diffusione dei risultati.”

L’art. 10 suggerisce che “si forma e/o chiede supervisione per attività nuove o sulle quali ha limitata casistica”. Aggiungeremo anche limitata esperienza e conoscenza.

L’art. 11 e l’art. 12 costituiscono il precedente art. 13/2009

 

 

Conclusioni

A livello nazionale la questione relativa alla effettiva utilità, applicazione e recepimento del Codice di Deontologia Infermieristica deve essere monitorata con l’istituzione di una Commissione Paritetica tra Federazione NC, Collegi e singoli professionisti, con l’obiettivo di analizzare pratiche difficoltose a rendere il CDI lo strumento richiamato in premessa. Una revisione quinquennale del Codice pare adeguata per il veloce  sviluppo del sistema sanitario, delle relazioni interprofessionali e per la produzione di numerosa e spesso contraddittoria rassegna legislativa.

Sulle riflessioni iniziali, riteniamo che la professione sia in grado di valorizzare se stessa se valorizza gli strumenti che il contesto normativo mette a disposizione, nessuno escluso.

E’ solo con il combinato disposto dall’integrazione, anche di singoli punti,  di leggi regolamenti decreti codici che sarà compiutamente realizzabile e tangibile per noi, e per altri, il pur superabile art. 1 del CDI 2009“L’infermiere è il professionista sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica”, realtà da ritenersi definitivamente acquisita.

Conseguentemente e non senza difficoltà oggettive e soggettive, la funzione infermieristica può determinare un riequilibrio di competenze e responsabilità tra gli attori del SSN.

 

I comportamenti codificati ai quali riferirsi non devono essere identificati in senso unilaterale ma richiesti a tutti i professionisti che ambiscono a definirsi responsabili a qualsiasi livello di gestione sia nell’organizzazione del lavoro in quanto tale che nel sistema salute più complessivamente.

Concludiamo con la riflessione che oltre all’infermiere che non osservi le disposizioni finali: “Le norme deontologiche contenute nel presente Codice sono vincolanti”, debbano essere monitorati i Collegi Professionali che coerentemente investiti della comunicazione di cui all’ormai ex art. 51 “l’infermiere segnala al proprio collegio le situazioni in cui sussistono circostanze o persistono condizioni che limitano la qualità delle cure e dell’assistenza o il decoro dell’esercizio professionale” non siano in grado di intervenite prontamente, non abbiano interesse ad agire a tutela della professione che dovrebbero rappresentare in ogni ambito. A tal fine e per uniformare giudizi e procedure, sarebbero utili tabelle sinottiche sulle casistiche da affrontare e un dettaglio delle sanzioni, troppo poche e troppo obbligate rispetto ad ventaglio di ipotesi che si verificano nel quotidiano.

Cogliamo l’occasione per ringraziare e solidarizzare il gruppo di lavoro della FNC Ipasvi, oggetto di penosi attacchi mediatici per mezzo dei soliti noti, più attenti a distruggere che a costruire.

 

Dissentiamo, inoltre, da tutti i distinguo tentati da alcuni Collegi Provinciali lavorando in anarchia a bozze di codice deontologico fai da te, talmente male assemblate che non potevano entrare nel dibattito nazionale per evidenti limiti anche intellettuali degli estensori, ma soprattutto per l’inadeguatezza delle proposte. E di fatti ai margini erano e ai margini sono restate.

Sul punto, una maggiore determinazione della FNC a tutelare e difendere in ogni sede ed ambito il gruppo di lavoro e gli esiti della base del documento in trattazione e a noi consegnato, sarebbe stata auspicabile.

 

Gruppo di lavoro Brunella Porcu, Debora Conti Gallenti, Giorgia Cannas, Margherita Porcu, Graziano Lebiu

 

Comitato scientifico  Daniela Cuccu, Mauro Lai, Sergio Lai, Teresa Guiso

 

Consulente Esperta Beatrice Tessadori