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EDITORIALE OMECA CAGLIARI MARZO 2018: GRANDI INFERMIERI O PICCOLI MEDICI?

EDITORIALE OMECA CAGLIARI MARZO 2018: GRANDI INFERMIERI O PICCOLI MEDICI?

GRANDI INFERMIERI O PICCOLI MEDICI?

editoriale Presidente Ordine dei Medici Cagliari, Marzo 2018

Mi domando cosa potremo mai ottenere noi medici, e la sanità italiana, dal prossimo governo. Che sia un governo a 5 Stelle o un governo a dominanza leghista non dobbiamo aspettarci niente. I temi della sanità e della salute degli italiani sono stati infatti costantemente, e uniformemente, assenti nei programmi elettorali dei partiti e delle coalizioni.

La prima considerazione che sorge spontanea è: meglio così.
Non avremo da fare code agli sportelli per riscuotere alcunché, perché – ne siamo lieti – nessun do ut des ci è stato offerto, al contrario di quanto accaduto invece, per esempio, con il reddito di cittadinanza (corsa partita da lontano a cui non si è sottratto nessuno, nè partito nè coalizione).

Circostanza che fa ipotizzare che tutti coloro che hanno subito il fascino di questa promessa abbiano affidato alla scheda elettorale più una speranza che la condivisione di un programma di governo.

Qualunque sarà il governo prossimo venturo, quindi, non avrà impegni da onorare sul versante dei nuovi assetti istituzionali e la salute degli italiani.

Non possiamo perciò prevedere tempi facili per sindacati, società scientifiche, università, ordini professionali sanitari. Le molte nuove professioni sanitarie (infermieri, tecnici di radiologia e di laboratorio analisi, ostetriche, etc.) che la ministra Lorenzin ha ope legis elevato di rango – todos caballeros – non mancherà di modificare i rapporti professionali e creare nuove relazioni istituzionali.

Che il ruolo di quelle professioni che, fino a dicembre, erano identificate col termine di paramediche fosse da ripensare è stata una richiesta avanzata dai medici, prima di chiunque altro.

Abbiamo sempre ritenuta necessaria un’espansione delle competenze dei nostri primi collaboratori non disgiunta da un’innalzamento qualitativo della loro cultura scientifica professionale, per aiutarci a fronteggiare l’acuirsi dei bisogni assistenziali, legati al sempre più numeroso, vasto e complesso procedimento diagnostico e terapeutico che la medicina ogni giorno rivela e che le tecnologie utili per fare in fretta e fare meglio tardano sempre più a essere poste a nostra disposizione.

Senza quasi accorgercene ci siamo trovati tutti, medici e collaboratori infermieri e tecnici, a vivere una condizione da isolati della prima linea sul fronte dell’assistenza, con la necessità di confrontarsi, comunque, al dilagare di una moltitudine sempre più numerosa e complessa di patologie, mai attenuata, anche a causa di una totale inesistenza di iniziative concrete di medicina preventiva.

Tutto ciò ha reso spontaneo pensare a un innalzamento qualitativo.

Grandi infermieri o piccoli medici? delle competenze degli infermieri e altri, per perseguire un loro avvicinamento alle peculiarità più intime dell’esperienza della malattia e del malato, da curare oltre i confini della biologia e delle manovre strumentali, e così facendo avvicinarli al livello alto della nostra professione.

Abbiamo sempre pensato a tutto ciò come a una parte della soluzione del problema assistenziale e del loro ruolo per configurarli come collaboratori precisi ed efficienti, a cui il tempo e la pratica li avessero dotati di quella manualità intelligente e capacità organizzativa di base del sistema operativo quotidiano su cui dover poi impiantare noi ogni specificità del nostro complesso lavoro, nelle corsie, nei laboratori, negli studi.

La legge Lorenzin, pur avendo questa possibilità, nonostante al confronto prolungatosi per anni, si è ben guardata dal perseguire questi obiettivi a lei ben noti come ogni altra nuova interpretazione di un ruolo moderno ed europeo per infermieri e tecnici.

Si è limitata a modificare null’altro se non il titolo sulla targa e ad accendere, in tanti, le false illusioni che il solo cambio del titolo sul budge del camice fosse sufficiente a trasformare un infermiere in un piccolo medico, invece che farne un grande infermiere.

Tutto ciò non può essere considerato con superficialità perché, così facendo, si sono messi in discussione i fondamenti stessi, non solo della nostra professione, ma l’assetto sociale complessivo della sanità in Italia. Insegnavano i vecchi maestri che la diagnosi è l’epicentro della medicina e che questa deriva dalla capacità di saper connettere in un unicum logico, continuativo e consequenziale l’etiologia, la patogenesi, la fisiopatologia, la clinica, il sospetto diagnostico, la diagnosi definitiva.

Senza queste molte stazioni da Via Crucis non c’è medicina né scienza, ma solo pseudo medicina e pseudo scienza, ciò che aiuta le persone a morire invece che a vivere, magari con una migliore qualità della vita. I vecchi maestri avrebbero oggi difficoltà ad accettare tempi moderni in cui il lungo e difficile percorso che porta alla diagnosi venga sottratto a chi a quel percorso è stato formato e vederlo affidato a figure, magari anche di buona volontà e animati da spirito partecipativo, ma comunque ben lontani dall’iter formativo scientifico, culturale ed etico necessario per adempiere all’alto compito che la medicina richiede sul piano etico individuale, ancor prima che su quello biologico e sociale.

Né possiamo pensare che siccome nei fatti siamo comunque noi i depositari delle conoscenze che portano alla diagnosi, solo per questo essa non ci venga scippata.

Pensare ciò sarebbe un errore di imperdonabile ingenuità che, unito a una non conoscenza dei rapporti di forza all’interno del sistema politico, di qualunque sistema politico, produrrebbe effetti nefasti. Non possiamo negare che su tutto ciò pesa come un macigno la complicità del sistema economico e degli amministratori della Sanità, che lungi dall’essere i cosiddetti manager, in realtà non sanno rapportare come dovrebbero costi e benefici, contenimento delle spese e qualità dei servizi, tutela della salute individuale e collettiva e qualità della vita.

Sanno molto bene tagliare servizi e amputare diritti, citando con orgoglio cifre milionarie di presunti risparmi realizzati sulla pelle dei cittadini negando loro l’accesso a bisogni primari. Un esame di diagnostica per immagini neuro radiologica è stato previsto per settembre 2019.

Nella Asl 8. In questa cultura del risparmio perseguita pure a discapito della salute delle persone, uno dei modi considerati più efficaci e più scandalosi è quello di trasferire agli infermieri i compiti dei medici.

Hanno già iniziato con gli ambulatori per diabetici e sappiamo pure come proseguiranno. È questo che farà di loro non dei grandi infermieri, ma dei piccoli medici. Né giova ad attenuare il pericolo di questa prospettiva la dichiarazione d’interesse del direttore generale dell’Aifa, già collega oncologo, che non disdegna di considerare l’ipotesi di affidare agli infermieri, solo perché oggi chiamati dottori in scienze infermieristiche, ruoli e competenze professionali propri dei medici a cui loro non sono preparati per cultura, formazione e preparazione di merito.

La marea del populismo si espande senza ostacoli, abbattendo ogni barriera, spinta dal forte vento delle convenienze economiche del sistema Italia che soffia più forte del diritto alla salute, così come l’ha scritto e lo intende la Costituzione Italiana.

Quando questo accadrà, e noi ci impegneremo affinché sia il più tardi possibile, il risparmio si rivelerà di breve se non di nessuna durata, perché il ritorno al sistema per recidiva porterà a un aumento dei costi assistenziali e gli improvvidi infermieri, pure dottori in scienze infermieristiche, a render conto ai magistrati civili e penali per la colpa professionale che verrà loro attribuita.

Qui prodest omnibus? Di certo non alle professioni né ai malati, sarà un dolore per la storia della medicina sociale e un male per i professionisti. L’opera di frantumazione interna delle professioni é iniziata e, chi non concorrerà a neutralizzarla o a contenerla, non potrà che essere complice della sua disfatta. Urge un richiamo delle professioni all’unione e alla solidarietà.

OMECA Anno XXXV n. 3 – MARZO 2018 Organo ufficiale dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Cagliari – EDITORIALE RAIMONDO IBBA

http://www.omeca.it/images/documenti/omeca/bollettino_marzo_2018.pdf